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Lampone, sottobosco, erba bagnata, pesca bianca, frutta secca, ma anche gesso, tabacco torta della nonna grafite e perfino lacca per capelli. Pare che nel vino si possa sentire tutto questo e molto altro, e che chi non ci riesce dovrebbe essere esonerato dall’umano consorzio, più o meno come quegli sventurati che vanno in un museo archeologico e non sanno cos’è un kantaros (che tra l’altro era proprio un coso greco per metterci il vino dentro).

Perché dunque bevete il vino se non lo sapete degustare? Perché andate al museo se non sapete già tutto? Perché volete farvi una cultura se non ce l’avete già? Questo paiono chiedersi sghignazzando certi signori,  custodi del sapere, che dovrebbero iniziare a quei misteri il maggior numero di persone possibile e invece li secretano come sommi sacerdoti di sette sapienziali, godendo della vostra frustrazione.

E allora eccovi qualche dritta per combattere tale odioso monopolio, e vincere quell’inconfessato complesso di inferiorità dovuto al non sapere come fare a sentire che un vino è ‘rotondo’, cosa che no, non ha a che fare con la forma del bicchiere, sennò tutti i vini sarebbero rotondi in un bicchiere rotondo, ma quadrati in un contenitore quadrato, e così via. Certo, se voleste saperne di più potreste almeno leggere un libro, non dico fare il corso di sommelier che costa di più -ma è molto più divertente.

Uno: il vino deve piacere, dunque chiunque può dire se un vino gli piace o no. Non esiste che uno assaggia un vino e dice, Si ma io di vino non ci capisco niente, a meno che non ha avuto il covid e non sente i sapori. Certi vini fanno schifo ed è sempre lecito dire, A me questo vino fa schifo. Il gusto può essere educato, certo, ma rimane un fatto fondamentalmente istintivo.

Due: il vino è una sostanza complessa. Diversamente dalla Coca-Cola, deriva da un frutto ed è quindi un liquido vivo, fermentato, in cui le variabili geografiche, climatiche e colturali, per non dire i procedimenti di vinificazione e di invecchiamento sono talmente tanti da sprigionare alla fine non un singolo ‘odore di vino’, ma una grande varietà di gusti e di sentori: nel vino ci sono circa 600 sostanze chimiche, per esempio, di cui almeno 200 volatili. Questo rende la faccenda tremendamente complicata, ma anche estremamente affascinante.

Tre: tra i cinque sensi, quello più caduto in disuso è l’olfatto. Nello stato di natura ci salvava la vita segnalando l’odore di un predatore in arrivo, di una pianta velenosa o di una tribù nemica; oggi è per lo più trascurato, tanto che ci siamo disabituati a dare un nome alle sensazioni olfattive (cosa che facciamo abitualmente per la vista con i colori, per esempio). Ha dunque senso designare odori e profumi con nomi: si potrebbero anche usare formule chimiche o nomi di persone a caso, ma vuoi mettere ‘acetato di isoamile’ o ‘afrore di Marco in palestra’ contro ‘profumo di viola mammola’. Che poesia, che teatro.

Quattro: tutti i vini hanno più o meno sentori fruttati e floreali, dato che derivano dal frutto uva. Ma i vini bianchi rimandano generalmente a fragranze di frutta bianca (pera, mela, pesca bianca, frutti tropicali) e quelli rossi a frutta rossa o scura (prugna, visciola, mora); idem per i fiori (rossi come viola o rosa, bianchi come iris e giglio, gialli come acacia e mimosa). Difficile che da un Sauvignon, che è un bianco, escano profumi di ciliegia o da un Montepulciano sentori di melone. Certo, qui le cose si complicano un po’.

Cinque, passando a cose più semplici: sembrerà banale dirlo, ma i bicchieri in cui si versa il vino devono essere a tulipano, con la bocca più stretta della pancia. Serve a concentrare i profumi anziché disperderli, e nella bocca del bicchiere, che per non fare confusione chiameremo il buco, dovete infilarci il naso per intero, tutto dentro. Il bicchiere va preso in mano dalla base e non dalla pancia, sia per non lasciarci le ditate sopra sia per non scaldare il liquido. Di vino se ne versa non più di un terzo della capacità del bicchiere, e per la degustazione se ne beve l’equivalente di un paio di cucchiaini da caffè. Il troppo stroppia.

Non vorremmo esagerare, adesso. Sono cinque dritte che vanno sedimentate e metabolizzate lentamente, e soprattutto esercitate perché il piacere si espanda e si perfezioni (e questo vale in molti tipi di piacere). Il semidecalogo verrà presto continuato; per l’intanto, quanto esposto basta per combattere le multinazionali del criptosapere e fare bella figura con gli amici.

Sergio Celestino

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